Somewhere tonight
Di Tonino Sicoli
Elda Longo è la ragazza dalle scarpette spaiate. Un dualismo bizzarro il suo, che esprime il desiderio forte di considerare l’identità come risultato di un contrasto accennato, di un’esile diversità, di un leggero tocco dialettico. Il vezzo del suo abbigliamento vuole simboleggiare in qualche modo la molteplicità della conoscenza e la complessità del sapere. Affermando su tutto il primato della creatività.
In questa lievità provocatoria si ritrova tutta la sagacia intellettuale di un’artista dalle tante sfaccettature, che s’incammina in questo modo per le strade del mondo e dell’arte. Longo vive il linguaggio come un’esperienza totalizzante, pervadente. Si lascia catturare da un processo di progressiva reinvenzione dell’immagine per dare vita ad un coinvolgimento sensoriale, percettivo, in cui le differenze si risolvono in un’unità più alta. Anche nella sua produzione artistica Longo si smarca dalla convenzionalità per adire una ricerca che si avvale nello stesso tempo di tecniche antichissime e di altre ultramoderne. Partendo da uno scatto fotografico l’immagine viene abbassata nella sua definizione e tradotta in formato elettronico; i pixel così messi in evidenza assumono l’aspetto di una sgranatura, che evoca l’effetto-mosaico.
Dai pixel alle tessere musive il passo è concettualmente breve anche se matericamente distante. Il colore immateriale della dimensione elettronica transita in quella fisicissima del tassello di vetro, che compone il mosaico; i frammenti colorati vanno oltre la super cie piatta per assumere rilievo e dare corpo ad una materia aggettante, tridimensionata.
Il mosaico virtuale diventa pretesto per un progetto di mosaico reale, che tuttavia non si completa per tutta la superficie ma si limita solo a vaste chiazze. Il gioco visivo che ne risulta è suggestivo e ammaliante, con quella vistosa sfocatura delle forme tremule e indefinite, con quella diafana texture tonale e graduale.
I pixel, che sono, poi, le unità-base del linguaggio elettronico (televisione, computer, telefonino), fanno implodere la visione verso una dimensione meno corporea e fanno collassare la percezione in un microuniverso di particelle astratte.
Il tema di questi fotogrammi mosaicizzati si presta ad un’altra elaborazione del senso, in quanto all’operazione di potenziamento espressivo si aggiunge anche il soggetto dell’opera. La scelta di monumenti-simbolo e di vedute emblematiche delle città non solo costituisce un potente reportage di viaggio ma la ripresa notturna conferisce un’ulteriore suggestione. Le luci artificiali e multicolori, che brillano nella notte, creano un insolito paesaggio, brulicante di geometrie fantasmagoriche. Le architetture di ieri e quelle di oggi si stagliano sui cieli neri e si rendono via via irriconoscibili facendo degradare lo sguardo verso un’astrazione minuta. Anche l’enucleazione dei particolari altera la visione convenzionale dei luoghi, che così svisati, si caricano di nuove seduzioni. La parte, nella sua estrema riduzione in termini, frantumata in monadi e decontestualizzata, mantiene il valore del tutto, che addirittura si arricchisce di magia. Questa sineddoche visiva genera architetture spettacolari e palazzi incantati, irreali nella loro sfaldata consistenza.
La trama di tessere graduate per colori, toni e rilievi copre la tela stampata digitalmente, in modo da dare energia interna alle forme, in un brusio cinetico e arcano. Il dinamismo che ne deriva, pur evocando climi classici (i mosaici romani) e medievali (i mosaici bizantini) suggerisce declinazioni neo- futuriste.
I colori elettrici e la fascinazione elettronica portano chiaramente ad un contesto di modernità ma il recupero di tecniche pittoriche tradizionali e il gusto per i monumenti del passato collocano la ricerca di Longo in ambito post-moderno.
Le luci e le ombre in forte contrasto generano scenografie lumino-dinamiche, che unificano le notti di ogni luogo urbanizzato, come se tutte le architetture-simbolo appartenessero ad un’unica immensa città virtuale, dove i neon disegnano le prospettive di edifici storici.
Le grandi capitali del mondo ma anche i luoghi della natia Calabria partecipano a questo tour ideale fatto di tappe notturne, animato da finestre illuminate, da insegne colorate, da strutture luminescenti. Tutto sembra una grande Las Vegas, luccicante, erotizzata dai lux, che eccitano il manto della notte.
E la notte screziata di luci, malinconica e silenziosa, invita alla meditazione, si fa metafora della vita. Anche la gente che anima i luoghi ha qualcosa di immateriale, somiglia ad un’apparizione, ad una presenza sfaldata e confusa con le costruzioni circostanti e con gli spazi urbani. Figure scomposte in tanti quadratini, tono su tono, popolano i fotogrammi impazziti, che fanno defragrare dolcemente la forma facendole perdere i contorni e confondendone la percezione con lo sfondo. Scene di ordinario affollamento o piccole solitudini dentro il marasma della città colpiscono l’occhio, che sgrana l’immagine e la restituisce come un unico continuo tessuto fatto di trame larghissime. La città notturna diventa protagonista di un racconto digitale e segreto, svelato appena dal baluginio diafano e misterioso della configurazione elettronica. Le onde elettromagnetiche descrivono paesaggi, che forse non esistono davvero se non nella loro astrazione di una visibilità pura. La geometrizzazione delle figure riconduce la percezione ad una quadrettatura scandita dal reticolo di pixel e di tessere musive. Le persone assumono la stessa consistenza dell’architettura, trasparenti e compenetrate, agitano il rapporto pieno-vuoto, si fanno spazio vivo.
Tutto diventa allegorico, allusivo di elementari contrapposizioni, di un’unità fatta di molteplici dettagli, di una conoscenza, che si attua sul sottile con ne delle diversità, dove gli elementi si separano ma anche si uniscono. Come un kiteboarder, che, fracielo e mare, è fatto volteggiare da un aquilone sul pelo dell’acqua.
Quella di Longo è una pittura fatta di luce e di vetro, di aria e di trasparenze, di onde elettromagnetiche e di poesia, eterna intrusa fra le cose degli uomini ma salvi ca esploratrice del grande mistero del mondo.
Tonino Sicoli,
Cosenza 20 maggio 2010